Il
termine anamorfosi deriva dal greco "ana" (all'insù, all'indietro, ritorno
verso) e "morphe" (forma) e descrive quel fenomeno per il quale
alcune immagini ci appaiono deformate, ma se osservate da un punto di vista
privilegiato si ricompongono in un quadro leggibile. L’anamorfosi è un’illusione ottica e, come tale, insinua il dubbio nel nostro sistema percettivo, destabilizzandoci ed incuriosendoci; ci spinge ad un’osservazione attenta. Si mette in atto un processo che interviene sull’esperienza emotiva del guardare; rallentando il tempo della visione si rientra in contatto con lo stupore che alcune immagini provocano. Per molti versi ha un carattere magico.
ma vuol dire anche
ritorno verso il Tempo
perché il tempo ha una
forma
tangente alla realtà che
non si vede
come un barlume o
un’ombra
se non si è in grado di
trovare il varco.
LE ORIGINI
Il
processo anamorfico si sviluppa nel 1500 in seguito alla teorizzazione della
prospettiva. II primo documento che descrive compiutamente l’anamorfosi, si
trova nel Codice Atlantico
di Leonardo da Vinci, risalente al 1515, in cui è disegnato il volto, distorto,
di un bambino. Successivamente, nel corso del Rinascimento, furono in molti,
tra artisti e trattatisti, che si occuparono dell’argomento. Un dipinto in
particolare manifesta questo processo, Gli Ambasciatori di Hans Holbein, del 1533, in cui è
raffigurato un teschio deformato, irriconoscibile da un’osservazione
frontale; il teschio diventa
riconoscibile solo osservando il quadro da una posizione scorciata (vicino al
vertice, in basso a destra). In questa opera le arti e le scienze dovrebbero
essere esaltate, invece, esse sono presentate sotto il segno della morte,
declamazione dell’incertezza, della vanità e gli abusi che queste discipline
comportavano.
Nel
periodo Barocco, l’anamorfosi, vive un periodo fiorentissimo di
sperimentazioni.
E’ il gioco che
inganna l’occhio! E’ il Barocco per eccellenza!
La
perspective curieuse, ou magie artificielle di Jean
François Nicéron, del 1638, è il trattato più importante, con una descrizione,
completa e puntuale, sulle diverse tecniche per progettare e realizzare
anamorfosi sia in prospettiva che in riflessione. Infatti, in questo periodo
storico si svilupperanno in particolare le anamorfosi ottenute con la prospettiva
inversa e con gli anamorfoscopi.
LA PROSPETTIVA INVERSA
Per
spiegare il procedimento della prospettiva inversa, Nicèron utilizza un disegno con il volto di un uomo
barbuto e con i capelli lunghi. Il disegno è suddiviso in un reticolo di 36
caselle quadrate. Deformando il reticolo in modo che le linee orizzontali
diventino linee convergenti verso il punto di fuga P e quelle verticali
tracciate in funzione della posizione del punto R si ottiene la figura
deformata in 36 trapezi. La
deformazione del volto ha seguito una regola precisa: il tratto di disegno
all’interno di ciascun trapezio inizia e finisce nello stesso punto del
corrispondente quadrato del disegno originale. La regola seguita consente di
vedere l’immagine originale magicamente ricomposta se si osserva il disegno dal
punto prospettico che si trova sulla verticale del foglio ad una altezza pari
alla lunghezza del segmento PR. [1]
La stessa regola viene utilizzata da Emmanuel Maignan nel 1646, il quale, sulla parete di un lungo corridoio del convento della chiesa di Trinità dei Monti, nel centro di Roma, realizza un affresco che si estende per sei metri. Camminando lungo il corridoio si ha l’impressione di guardare un semplice affresco ornamentale, ma se osservato al termine del percorso, il panorama costiero, si trasforma e si ricompone sorprendentemente nella figura di S. Francesco di Paola inginocchiato in preghiera.
GLI ANAMORFOSCOPI
Una
figura anamorfica può anche essere
realizzata in modo da ricomporre la figura originale, con proporzioni corrette,
osservandone il riflesso tramite specchi, di forma cilindrica o conica
chiamati, appunto, anamorfoscopi. Questo sistema è anche più stupefacente della
prospettiva inversa perché il soggetto è visto, contemporaneamente, sia nella
sua forma deformata che ricomposta. Gli
anamorfoscopi nascono nel periodo Barocco, come fonte di divertimento e svago,
e si svilupperanno, con non poche bizzarrie, durante il Settecento e
l’Ottocento.
IL NOVECENTO
Negli
anni trenta del Novecento, per impulso dei surrealisti, comincia a diffondersi
un interesse per l’anamorfosi, con risvolti interessanti, soprattutto legati
all’ambito artistico. Nel 1982
all’ingresso della mostra l’Oreille oubliée, tenuta presso il centro Pompidou era collocata
l’anamorfosi di un orecchio; la mostra dedicata all’ambiente sonoro dell’uomo,
non aveva nulla a che vedere con questa immagine che compariva sia su un
pannello lungo cinque metri sia sui biglietti di invito; l’anamorfosi
sorprende, colpisce, attrae l’attenzione; è una tradizione antica che nel tempo
si rinnova continuamente!
Appartengono
a questo periodo le anamorfosi di Ljuba; esse non nascono da uno schema
geometrico ma emergono dalle ombre stesse dei suoi quadri ricchi di enigmi. E
ancora, le anamorfosi spaziali di Jean Philippe Muné e Dominique Tordjman, le
anamorfosi piramidali di Hans Hamngren e le anamorfosi parziali del ritratto
del padre, in Generazione del tempo, di Andrea Carnemolla.
STREET ART
Gli
esempi più spettacolari di arte anamorfica sono realizzati da street artists
come Kurt Wenner, Julian Beever, Leon Keer, Tony Cuboliquido e da molti
altri. La loro è una forma d’arte
atta a stupire gente comune, ogni pezzo d'arte è unico ed appartiene alla
strada ed ai suoi abitanti, il fatto che sia provvisoria ne amplifica il suo
valore. I dipinti anamorfici di street art sono concepiti per essere
temporanei, una performance che verrà cancellata dalle intemperie e dal
passaggio dei suoi stessi spettatori.
Per nostra fortuna però, riusciamo a goderne grazie alla diffusione di immagini su internet.
LAND ART
Un’altra
forma d’arte originale è l’anamorfosi spaziale in tre dimensioni, come il Giardino
Effimero progettato da
François Abèlanet a Parigi nel 2011. All’apparenza si tratta di un normale
giardino che si estende per 1500 mq con un terreno ondulato. Se osservato dal
punto di vista prospettico “privilegiato”, il giardino, si trasforma e si
ricompone sorprendentemente in un mappamondo. Abèlanet, scenografo e land artist, realizza una serie di
opere anamorfiche spettacolari come Anamorphose vegetale nel Domaine de Saint-Germain en Laye
in Francia nel 2009, dove lavorando su una superficie
di 18.000 mq realizza un gigantesco
cubo, utilizzando come materia prima l’erba che, arricchita di azoto in diverse quantità, offre una
varietà di verdi differenti intensificando l’effetto scacchiera.
GEOMETRICO ANAMORFICO
Felice Varini, artista franco-svizzero,
viene considerato uno dei massimi esponenti dell’arte geometrica anamorfica.
Lavora in contesti raffinati scegliendo per le sue opere architetture
importanti come musei o palazzi storici. Il linguaggio, che ritroviamo nei suoi
lavori, è sempre espresso con una forte eleganza in bilico tra elevazione e
immanenza, il confine tra pittura, scultura ed architettura è quasi
impercettibile. L’artista si propone di indagare diverse possibilità
percettive dello spazio al fine di restituire allo spettatore nuove dimensioni
pittoriche, non solo da guardare, ma anche da attraversare: ecco che,
muovendosi nello spazio, l’osservatore può sperimentare infiniti punti di
lettura e immergersi in geometrie effimere e allo stesso tempo reali.
FOTOGRAFIA
George Rousse, fotografo francese,
realizza spazi effimeri e irreali, trasformando i luoghi in ambienti pittorici
“costruiti”.
E’ allo stesso tempo un pittore, scultore,
architetto; la sua materia prima è lo spazio: lo spazio di edifici abbandonati.
Prendendo ispirazione dalla qualità architettonica di un sito e la luce che vi
trova, sceglie rapidamente un "frammento" e crea una mise-en-scène,
tenendo presente il suo obiettivo finale, la creazione di un'immagine
fotografica.
ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE
Rub Kandy, street artist italiano,
lavora da diverso tempo sul tema della anamorfosi; interviene in contesti
degradati delle città come periferie e fabbriche abbandonate. Dipinge forme
geometriche in grandi spazi; utilizza la pittura bianca come colore, dalla
valenza simbolica, di contrasto allo sporco ed al degrado presenti in questi
luoghi. E’ molto interessante il
connubio anamorfosi/specchio riscontrabile in molte sue opere, prima fra tutte Cross
the Mirror.
PER APPROFONDIMENTI
-
J.Baltrusaitis, Anamorfosi o
Thaumaturgus opticus,
1978, Adelphi.
-
E. Battisti, A. Carnemolla, R.J. Maste, F. Menna, Anamorfosi evasione e
ritorno, 1981, Officina
Edizioni.
[1] -
Paolo Lazzaro, Daniele Murra, L’anamorfosi tra arte, percezione visiva e
“prospettive bizzarre”,
2013, ENEA.